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PRIVACY E VACCINAZIONI: IL PUNTO DI VISTA DEL GARANTE SUL TRATTAMENTO DEI DATI

Nel contesto epidemiologico che stiamo attraversando, il Garante per la protezione dei dati è intervenuto sul tema vaccinazioni e privacy nei luoghi di lavoro pubblicando sul proprio sito istituzionale delle nuove FAQ che offrono ai titolari del trattamento un utile strumento al fine di prevenire illeciti trattamenti o discriminazioni legate alla tutela della privacy.

Il primo quesito sottoposto all’attenzione del Garante riguarda la possibilità per parte datoriale di chiedere ai propri dipendenti notizie in merito allo stato vaccinale. La risposta è negativa, in quanto le disposizioni in materia di emergenza sanitaria, nonostante il consenso del prestatore di lavoro, non lo permettono. Ciò, in ragione del fatto che v’è uno squilibrio tra titolare e interessato all’interno del contesto lavorativo.

Appurato il divieto di cui sopra, alla domanda se il datore di lavoro possa invece domandare al medico competente i nominativi dei lavoratori vaccinati, la risposta del Garante della Privacy è stata netta. Il medico del lavoro, in qualità di titolare autonomo del trattamento, non è legittimato a render noto al datore di lavoro i nominativi dei lavoratori vaccinati, in quanto lo stesso è il solo a poter trattare i dati particolari dei dipendenti e, tra essi, quelli legati alla vaccinazione, nell’ambito della gestione degli adempimenti in materia sicurezza ed igiene dei lavoratori e in sede di controllo dell’idoneità alla mansione specifica secondo quanto prescritto dal D.lgs. 81/2008.

L’autorità Garante ha, altresì, avuto modo di precisare che allo stato attuale non vige alcuna normativa che ritenga la vaccinazione anti-Covid 19 quale requisito necessario per lo svolgimento di determinati attività lavorative e mansioni. Ne consegue che, nel caso di esposizione diretta ad agenti biologici a lavoro, il datore dovrà servirsi delle cd. “misure speciali di protezione” imposte per gli ambienti di lavoro, ovvero delle misure impartite dal medico competente nel caso di inidoneità parziale o totale alla mansione cui è adibito il lavoratore.

Un’altra interessante questione su cui si è espresso il Garante attiene alla possibilità per l’azienda di sottoporre i propri dipendenti a test sierologici. Anche in questo caso la risposta è stata negativa. Difatti l’Autorità ha precisato che “solo il medico competente, tenuto conto del rischio generico derivante dal Covid-19 e delle specifiche condizioni di salute dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici e suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, qualora ritenuti utili al fine di contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori”.

A cura di Calogero Immordino, Avvocato del Foro di Palermo e Consulente Privacy e DPO.

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