
ILLEGITTIMA LA REVOCA DEL PERMESSO UE PER SOGGIORNANTI DI LUNGO PERIODO IN MANCANZA DEL REQUISITO REDDITUALE
Illegittima la revoca del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo in mancanza del requisito reddituale.
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La pronuncia del TAR Sicilia in commento è scaturita dalla prassi amministrativa, invalsa in particolare negli ultimi mesi, di disporre la revoca del “permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo” a causa della sopravvenuta carenza del requisito reddituale.
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La condizione del lungo soggiornante è stata regolata dal d.lgs. n. 3/2007 – di recepimento della Direttiva 2003/109/CE (relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo) – che ha riformulato il testo dell’art. 9 del d.lgs. n. 286/1998, introducendo la denominazione di “permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo” in luogo della precedente “carta di soggiorno”.
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Non avendo una data di scadenza, il suddetto permesso non deve essere rinnovato ma semplicemente aggiornato, e attribuisce allo straniero che ne sia titolare una serie di diritti ulteriori rispetto al permesso di soggiorno ordinario.
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Fra i requisiti ex lege previsti per il rilascio del titolo, oltre al regolare soggiorno da almeno cinque anni e al possesso di un permesso in corso di validità, figura la disponibilità di un reddito pari all’importo dell’assegno sociale.
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Tale ultimo requisito, peraltro, è richiesto unicamente ai fini del rilascio del titolo, ma la sua sopravvenuta mancanza non può in alcun modo giustificarne la revoca.
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Nel caso oggetto della pronuncia, come in altri casi analoghi, l’Amministrazione dell’Interno aveva disposto la revoca del permesso in considerazione dell’assenza di un’attività lavorativa in corso e, quindi, di redditi sufficienti. Al fine di giustificare il provvedimento ablatorio, la Questura è solita richiamare, in maniera fuorviante, la Direttiva 2003/109/CE, che, all’art. art. 5, richiede la disponibilità di “risorse stabili e sufficienti”. Si tratta, tuttavia, come si evince dal tenore letterale della norma, di una condizione necessaria esclusivamente per l’acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo.
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La tesi sostenuta in giudizio, condivisa dal TAR Sicilia nella decisione in commento, muove dal presupposto che i casi di revoca del titolo in esame sono, invece, previsti dall’art. 9 della direttiva sopra citata, il cui contenuto, come già rilevato, è stato recepito dall’art. 9 del D.lgs. n. 286/98.
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Come è evidente, dunque, né la Direttiva del 2003 né il TUI prevedono la mancanza di reddito quale causa di revoca del permesso di soggiorno in esame.
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Tali principi, stabiliti a livello normativo, sono stati, peraltro, recepiti da una recente pronuncia del Consiglio di Stato, che, dopo aver elencato i casi di revoca disposti dalla normativa sopra richiamata, ha rilevato che “Non è contemplata né consentita una revoca per ragioni di mera insufficienza reddituale. Esse rilevano piuttosto solo in sede di primo rilascio e di eventuale rinnovo, ai sensi dell’art.5 della direttiva citata e dell’art. 9 comma 1 del TU immigrazione che ne ha recepito i contenuti” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 17 aprile 2018, n. 2286).
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Di conseguenza, si legge nella decisione in commento, “il sopravvenuto venir meno delle condizioni di rilascio del permesso previste dal comma 1, dell’art. 9, cit., cioè la disponibilità di reddito e alloggio adeguati, non costituisce causa di revoca”.
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In definitiva, alla luce della normativa vigente e del condivisibile orientamento del Tar Sicilia, l’Amministrazione deve limitarsi a constatare la sussistenza delle ipotesi previste dall’art. 9 sopra richiamato, non essendo legittimo estendere la possibilità di revoca del permesso di soggiorno de quo ad ipotesi non contemplate dalla disciplina in materia.
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A cura di Aloisia Varvarà, avvocato del Foro di Palermo.
